Grati per il dono della sua beatificazione il 4 ottobre 2020, celebrare la memoria liturgica del beato Olinto Marella.
Il formulario della messa si può prendere dal comune dei pastori, con l’orazione propria. Nel file c’è una proposta di orazioni del messale proposto dall’Ufficio liturgico: Scarica qui
Per la liturgia delle ore si attinge dal “Comune dei pastori” tranne la seconda lettura dell’Ufficio delle letture con il suo responsorio e l’orazione: Scarica qui
6 settembre. Beato Olinto Marella, presbitero
Nato nel 1882 e ordinato presbitero a Chioggia nel 1904, istituì a Pellestrina un ricreatorio per i figli dei poveri a cui si dedicò anche dopo la sospensione a divinis nel 1909. Lasciò Pellestrina nel 1917 per insegnare in diversi licei d’Italia. Nel 1924 giunse a Bologna, ove proseguì la docenza fino al 1948. Riammesso al ministero nel 1925, il cardinale arcivescovo Nasalli Rocca gli affidò l’assistenza religiosa dei baraccati nelle periferie cittadine. Con l’aiuto di consacrate e volontari aprì vari luoghi di culto, di accoglienza e di formazione. A sostegno delle sue opere, per vent’anni si fece umile questuante. Morì il 6 settembre 1969 e già la partecipazione ai suoi funerali attestò l’unanime fama di santità, confermata dalla Chiesa con la beatificazione il 4 ottobre 2020.
SANTA MESSA
Ant. d’ingresso (Comune dei Pastori, III,B,2) (Cfr. Lc 4,18)
Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione,
mi ha mandato ad annunciare ai poveri il lieto messaggio e a risanare chi ha il cuore affranto.
Colletta (Nuova composizione)
Padre delle misericordie e Dio di ogni consolazione,
che nel beato Olinto Marella
ci hai dato un educatore dei giovani e un padre dei poveri,
concedi anche a noi
la carità paziente e benigna che tutto sopporta,
per condurre i fratelli alla libertà di Cristo.
Egli è Dio e vive e regna con te
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Sulle offerte (Comune dei santi, III)
Accogli, o Padre, i doni del tuo popolo
e concedi a noi,
che celebriamo l’opera dell’immensa carità del tuo Figlio,
di essere confermati, secondo l’esempio del beato Olinto Marella,
nell’amore per te e per il prossimo.
Per Cristo nostro Signore.
Ant. alla comunione (Comune dei Pastori, III,A) (Cfr. Mt 20,28)
Il Figlio dell’uomo non è venuto per essere servito,
ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti
Dopo la comunione (Comune dei Pastori, III,B,2 bis)
Dio onnipotente, che ci hai nutriti al tuo santo convito,
fa’ che, seguendo gli esempi del beato Olinto Marella,
ti onoriamo con fedele servizio
e ci prodighiamo verso tutti con carità instancabile.
Per Cristo nostro Signore.
LITURGIA DELLE ORE
Inno
1. Uniamoci, o fratelli,
con cuore puro e ardente
alla lode festosa
della Chiesa di Cristo.
2. In questo giorno santo
la carità divina
congiunge don Olinto
al regno dei beati.
3. La fiamma dello Spirito
ha impresso nel suo cuore
il sigillo indelebile
dell’amore di Dio.
4. Egli è modello e guida
a coloro che servono
le membra sofferenti
del corpo del Signore.
5. Dolce amico dei poveri,
intercedi per noi;
sostieni i nostri passi
nella via dell’amore.
6. A te sia lode, o Cristo,
immagine del Padre,
che sveli nei tuoi santi
la forza dello Spirito. Amen.
Oppure (in appendice una proposta musicale)
1. La Chiesa petroniana
ti celebra e ti onora,
o Dio uno e trino,
che splendi nei tuoi santi.
2. In Olinto Marella,
icona del tuo amore,
sorpresi ammiriamo
le grazie che hai per noi.
3. Hai coronato il clero
di gemma singolare,
perfetto nella prova,
zelante nell’amore.
4. Agli orfani un padre,
hai dato, e ai derelitti,
che offrì vestito e pane
e annuncio del Vangelo.
5. Per tutti fu maestro
che insegnò mitezza,
la fedeltà alla Chiesa,
la vera tenerezza.
6. In lui trovò Bologna
coscienza rinnovata:
scoprì che solidale
si fa sempre più bella.
7. O Dio uno e trino,
a te onore e gloria,
accogli il nostro canto,
per Olinto Marella. Amen.
Ufficio delle letture
Seconda lettura
Da una lettera del beato Olinto Marella, presbitero, all’amica Antonietta Giacomelli
(21 novembre 1910; CSM, Urbino, Carte Murri, b)
Ho scelto di essere anatema per i miei fratelli
Mia buona amica, Le scrivo sotto l’impressione delle lagrime versate stamani durante il canone della Messa, dopo le parole esplicitamente dirette contro di me dal Vescovo. Egli, tornato qui a far la visita pastorale all’altra parrocchia, si è scagliato proprio contro quel «sacerdote disobbediente e ribelle, che osa, contro la proibizione del suo Vescovo (che gli ha proibito, con la conferma e in nome del Santo Padre, di occuparsi del ricreatorio misto, per ragioni che nessuno deve permettersi di ricercare), di occuparsi dell’educazione della gioventù, che spetta soltanto ai Parroci e ai loro cooperatori». Quel che io non posso, né vorrei, ripeterle è la virulenza delle espressioni, i continui giuramenti di non parlare altro che per «compiere un dovere», le lodi illimitate, ai parroci e ai loro cooperatori, dei quali, «poiché è soddisfatto il Vescovo, deve essere soddisfatto anche il popolo», parole che furono la chiusa dell’omelia. Non posso, perché messomi a prendere qualche appunto, non riuscii a connettere più nulla, tanta era l’agitazione del cuore e delle mani. Né vorrei, per non continuare questa lettera che vuole essere una comunione di anime cristiane, una continuazione della preghiera con cui ebbe pace il mio spirito; «Come noi li rimettiamo ai nostri debitori e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen».
Mentre, durante il canto del Credo – tra instupidito, sdegnato e addolorato – io cercavo di mantenermi presente a me stesso, uno dei poveri bambini, venuti con me in chiesa seduto accanto a me, mi si buttò al collo, e mi coprì insistentemente – tra il mormorio dei circostanti – di carezze affettuose, come mai aveva fatto. Io gli appoggiai la guancia sul capo: era l’angelo del Signore, che mi offriva il calice amaro e la consolazione ineffabile – tutti e due per mano umana, ma tutti e due per parte di Dio. Gli premetti un momento le labbra sul capo e mormorai: «Fiat voluntas tua». – Intanto segue il prefazio; le parole dell’eternità mi parvero sollevarmi, più che dal sedile, da terra e non potei rispondere con la voce, che mi si ruppe, bensì col cuore al «Sursum corda» e «Habemus ad Dominum» e ringraziai di cuore il Signore che «Dignum et iustum est». Il resto mi sfuggì in gran parte.
Ripresi il filo della Messa al canone, quando nella ripetizione delle prime parole, sostai per ritrovare il nome da aggiungere ad «antistite nostro»: era lui che mi aveva maledetto e vituperato; fui contento d’essermi interrotto e pregai per lui più volentieri; più volentieri per tutti i circostanti, tra i quali c’erano bimbi rimasti feriti per me, e tanto lieti di tale ferite. E piansi, piansi tanto nello svolgersi del Sacrificio.
E lo sdegno sentii sempre più svanire per cedere il posto al senso del nuovo sacrifizio che mi domandava Cristo, al dovere di unire la mia umiliazione a quella che Egli misticamente compiva di sé sull’altare, donde mi parve Egli mi ripetesse «Anathema [optavi] esse pro fratribus meis». E con questa certezza, tutta di fede e di carità, innalzai e ripetei il Pater, e poi risposi alle parole della benedizione finale, cantate dal Vescovo stesso e sentii che la benedizione invocata su tutti dal Padre «onnipotente Dio» potevo sperare discendesse, nonostante tutto, anche su di me.
Responsorio 2 Cor 12,9.10
R. Ti basta la mia grazia * la forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza.
V. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nelle angosce sofferte per Cristo: infatti quando sono debole, è allora che sono forte.
R. La forza infatti si manifesta pienamente nella debolezza.
Orazione
Padre delle misericordie e Dio di ogni consolazione, che nel beato Olinto Marella ci hai dato un educatore dei giovani e un padre dei poveri, concedi anche a noi la carità paziente e benigna che tutto sopporta, per condurre i fratelli alla libertà di Cristo. Egli è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Appendice