Prima Lettura: Is 50,4-7 Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare confuso.
Salmo Responsoriale : Dal Salmo 21 Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
Seconda Lettura : Fil 2,6-11 Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò.
Vangelo : Lc 22,1-23,56 La passione del Signore
Colui che viene acclamato come re, nel suo ingresso di Gerusalemme, viene inchiodato alla croce con la precisa accusa di essere re. Appeso al legno, umiliato dalla violenza e dalla iniquità degli uomini, Gesù offre una immagine della regalità ben lontana dalla nostra immaginazione e dalla nostra aspirazione. Chi vorrebbe un re indifeso, che non è capace di reggere neanche se stesso? Chi affiderebbe la propria causa a chi non ha difeso nemmeno la propria? Egli viene punito proprio per essere il re che non vogliamo. E per questa mancanza, di non corrispondere alla nostra ambizione, egli viene fatto fuori.
E proprio mentre subisce queste umiliazioni e il titolo della croce lo ricorda come il re dei giudei, qualcuno, guardando quello spettacolo, non vede l’eliminazione di un fallito, ma vede e riconosce il Figlio di Dio. È il “buon” ladrone, un peccatore. Cosa vede per poter chiedere a chi non riesce a salvare se stesso di farlo entrare nel suo regno? Egli ha sentito le parole di misericordia verso gli uccisori; ha sentito le parole di preghiera a Dio; ha visto l’abbandono fiducioso di un figlio nell’abbraccio del Padre.
Davanti allo stesso spettacolo, che altri hanno giudicato come la rovina della pretesa messianica di Gesù, egli invece riconosce e confessa un legame inedito tra lui e il Padre celeste, una autorevolezza riempita di forza divina, che fa di Gesù il re e Signore del cielo e della terra, dei vivi e dei morti.