La professione di fede del centurione, ai piedi della croce, è sbalorditiva. In un mondo come quello pagano, fatto di divinità potenti ed invocate per avere il loro potere in nostro favore, chiamare “figlio di Dio” uno che muore in croce, fatto simile ad una maledizione, è davvero singolare. Cosa abbia visto quell’uomo nel crocifisso così da riconoscere in esso una rivelazione del mistero di Dio non riusciamo a dirlo. Ha visto un uomo giusto condannato ingiustamente; mite oppresso dalla violenza; devoto invocare il Padre anche in quell’abisso. Egli ha poi intuito il creato partecipare a quella morte come i suoi discepoli: oscurarsi il cielo, scuotersi la terra, aprirsi gli inferi. Ma soprattutto il tempio ha cessato di velare la presenza di Dio perché ormai Dio è visibile nel Cristo crocifisso.
Anche noi siamo provocati a rinnovare la nostra idea di Dio, a far cadere le nostre immagini idolatriche per accogliere l’unica immagine del Dio vivente, quella che lui ha preparato da sempre per noi, quella di un Padre che ama e salva dalla morte, di un Figlio che si abbandona completamente al Padre, di uno Spirito, effuso ed esalato, raccolto dall’umanità intera per partecipare della vita divina.
Prima Lettura: Is 50,4-7 Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare confuso.
Salmo Responsoriale : Dal Salmo 21 Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
Seconda Lettura : Fil 2,6-11 Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò.
Vangelo : Mt 26,14-27,66. La passione del Signore